Al secolo
Pietro Barbo. Di origini veneziane, fu introdotto alla carriera
ecclesiastica dallo zio materno Eugenio IV, che nel 1440 lo creò
cardinale. Svolse incarichi di rilievo sotto Niccolò V, Callisto III e
Pio II, cui succedette nel 1464. Pur avendo assunto in precedenza l'impegno di
applicare un capitolato che riduceva il potere del papa, una volta eletto,
P. rifiutò di confermarlo, incrementando al contrario il carattere
assoluto del suo pontificato. Sul piano politico si impegnò per
continuare la crociata indetta contro l'avanzata ottomana nei Balcani,
appoggiando anche finanziariamente Matteo Corvino e i Paleologi, ma non
riuscendo a coinvolgere nell'impresa il re francese Luigi XI e il boemo
Podebrad. Ad essi lo contrapponevano le rivendicazioni di autonomia per le
rispettive chiese nazionali (sancite dalla
Prammatica di Bourges e dai
Compactata di Praga). Anche l'alleanza con gli Aragona non portò a
P. buoni frutti, tanto che, per difendere il possesso di alcune
città un tempo annesse al Regno aragonese di Napoli, il papa dovette
allearsi con Venezia. Per quanto riguarda il riassetto dello Stato pontificio,
P. rioccupò i territori dei Colonna e degli Orsini nel Lazio,
degli Sforza, dei Malatesta e dei Manfredi in Romagna, ma fu costretto a
riconoscere Borso d'Este duca di Ferrara e Roberto Malatesta signore di Rimini.
Riformò l'amministrazione e la burocrazia, riducendo anche il numero dei
membri del Collegio degli abbreviatori. In ambito religioso, represse l'eresia e
la setta dei Fraticelli e, con la bolla
Ineffabilis providentia,
stabilì la celebrazione del giubileo ogni 25 anni e non più ogni
50. Ostile ai circoli umanistici (decretò la chiusura per
irreligiosità dell'Accademia Romana di Pomponio Leto), favorì
però la diffusione nello Stato della stampa e fu collezionista di
antichità. A lui si deve inoltre la costruzione di palazzo Venezia,
così chiamato in ricordo della sua città natale (Venezia 1417 -
Roma 1471).